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        LA VERITA’ DELLE “MIRACOLOSE” TRASLAZIONI

DELLA SANTA CASA DI NAZARETH

 

Rubrica curata dal Prof. Giorgio Nicolini

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LE CINQUE TRASLAZIONI “MIRACOLOSE”

DELLA SANTA CASA DI NAZARETH

        

Le principali documentazioni storiche che comprovano la “veridicità storica” di “almeno” cinque “traslazioni miracolose” della Santa Casa di Nazareth, avvenute tra il 1291 e il 1296: a Tersatto (nell’ex-Jugoslavia), ad Ancona (località Posatora), nella selva della signora Loreta nella pianura sottostante l’attuale cittadina di “Loreto” (il cui nome deriva proprio da quella signora di nome “Loreta”); poi sul campo di due fratelli sul colle lauretano (o Monte Prodo) e infine sulla pubblica strada, ove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale Basilica.

 

LA TRASLAZIONE MIRACOLOSA

NELLA SELVA DELLA SIGNORA LORETA

 

            In occasione del Terzo Centenario della Miracolosa Traslazione, nel 1595, il Papa Clemente VIII fece scolpire sul Rivestimento Marmoreo (lato est), a caratteri cubitali, un riassunto della storia della Santa  Casa, che venne a coronare e a confermare tutte le dichiarazioni a lui anteriori dei Pontefici Romani. Egli, tra l’altro, così fece scrivere: “Ospite cristiano che qui venisti per devozione o per voto, ammira la Santa Casa Loretana, venerabile in tutto il mondo per i misteri divini e per i miracoli. Qui nacque Maria SS.ma Madre di Dio, qui fu salutata dall’Angelo, qui s’incarnò l’eterno Verbo di Dio. Questa gli Angeli trasferirono dalla Palestina la prima volta in Dalmazia, a Tersatto, nell’anno 1291, sotto il pontificato di Niccolò IV. Tre anni dopo, all’inizio del Pontificato di Bonifacio VIII, per lo stesso ministero angelico, fu trasportata nel Piceno, vicino alla città di Recanati, in una selva, da cui, nello spazio di un anno, cambiato posto tre volte, qui ultimamente fissò la sede già da 300 anni. Da quel tempo commossi i popoli vicini di così stupenda novità ed in seguito per la fama dei miracoli largamente divulgata, questa Santa Casa ebbe grande venerazione presso tutte le genti, le cui mura senza fondamenta, dopo tanti secoli, rimangono stabili ed intere”.

Riguardo alle date delle “traslazioni miracolose” bisogna ricordare che nella lapide di Tersatto, ancor oggi esistente, e che riporta la prima traslazione miracolosa ivi avvenuta, è scritto: “Venne la Casa della Beata Vergine Maria da Nazarette a Tersatto l’anno 1291 allì 10 di maggio et si partì allì 10 di dicembre 1294”. Da tale lapide di Tersatto si deduce che la data di arrivo della Santa Casa nella selva della signora Loreta, nella zona recanatese, come anche oggi si celebra – cioè, il 10 dicembre 1294 - è stato un errore di interpretazione fatto da parte di un archivista di Recanati, Girolamo Angelita, che nel XVI secolo fissò erroneamente quella data come quella di arrivo nella zona recanatese, confondendola con quella di partenza da Tersatto. Infatti tale data (il 10 dicembre 1294) riguardava “la partenza” o “scomparsa” delle tre “Sante Pareti” della Santa Casa da Tersatto, da cui poi fu portata dagli angeli del Cielo “in vari luoghi” (tra cui Ancona, nel 1295), secondo come Gesù stesso rivelò a Santa Caterina da Bologna in una apparizione mistica del 25 marzo 1440.

Nella zona recanatese probabilmente la Santa Casa vi è giunta (anche secondo altri autori) alla fine del 1295. Ciò lo attesterebbe proprio il fatto che l’anno 1295, ad Ancona, è indicato come quello della “sosta” in quella città della Santa Casa: evento che fu precedente all’arrivo nella zona recanatese. Infatti ad Ancona – come già documentato in precedenti articoli - è accertato in maniera indiscutibile che la Santa Casa si fermò anche lì, per nove mesi, su una collina prospiciente il porto, nell’anno 1295. E quindi è logico dedurre che sia giunta nella zona recanatese sicuramente alla fine di quell’anno.

In Ancona vi era una lapide (purtroppo recentemente smarrita), e che si conservava nella Chiesa di Posatora, sulla collina ove la Santa Casa rimase nel 1295. In tale lapide, come attestano vari testimoni ancora viventi, era scritto, tra l’altro: “Quita futa reposata la Madona de Loreta…”, cioè “da qui è fuggita dopo essersi posata la Madonna di Loreta…”.

Tale lapide anconitana antichissima costituisce una conferma non solo della sosta miracolosa della Santa Casa sulla collina di Ancona (in località Posatora), ma conferma anche il motivo per il quale all’inizio della sua comparsa nella località Banderuola – dietro l’attuale stazione ferroviaria di Loreto - la Santa Casa veniva chiamata “di Loreta”: ciò perché il luogo selvoso e paludoso su cui la Santa Casa si era “posata” era di proprietà di una nobile signora recanatese di nome proprio “Loreta”  (da cui, poi, appunto è derivato anche il nome della cittadina di “Loreto”). Perciò i contemporanei degli anni delle Traslazioni Miracolose (come riportato nell’antichissima lapide di Ancona) identificavano il luogo recanatese di “sosta” della Santa Casa con l’espressione la Madona de Loreta”, intendendo riferirsi al fatto che Loreta era la proprietaria della Santa Casa della Madonna, perché era collocata sul suo terreno selvoso.

Poiché la lapide di Ancona risale alla fine del XIII secolo, o al massimo agli inizi del XIV secolo, costituisce anche “un reperto importantissimo”, e direi del tutto unico e straordinario, per confermare “il fatto storico” che la Santa Casa ha davvero sostato nella “selva della signora Loreta”, prima di essere collocata sul colle lauretano. La lapide anconitana - di cui esiste comunque una copia più recente, del XVI secolo - smentisce clamorosamente “la recente interpretazione razionalistica” che sia stato “uno solo” il luogo su cui la Santa Casa sarebbe stata trasportata (per “opera umana”): cioè solo quello sulla pubblica strada, sul colle lauretano, ove ancor oggi si trova.

Inoltre, la “traslazione miracolosa” nella selva della signora Loreta è attestata anche da una “tavoletta” antichissima che era esposta nella stessa Santa Casa, nei primi due secoli, come hanno riportato il Teramano (scrivendo nel 1472) e il Beato Giovanni Battista Spagnoli (scrivendo nel 1479). Vi è da aggiungere ancora che, a conferma del racconto esposto nella “tavoletta”, il Teramano aggiunse pure la testimonianza che a lui fecero, con giuramento, due anziani abitanti di Loreto del suo tempo: Paolo di Rinalduzio e Francesco il Priore. Il primo, che fu Rettore della Chiesa di Loreto, riferì al Teramano di aver saputo dal proprio avolo che il bisnonno di questo aveva visto con i suoi occhi la Santa Casa quando venne - “in volo” - sul mare, da dietro il Monte Conero, retrostante Ancona. Il secondo affermò che un suo avo aveva vissuto presso la Santa Casa e l’aveva visitata quando era ancora nella selva e poi quando fu portata “miracolosamente” sul campo dei due fratelli, prima di essere collocata definitivamente sulla pubblica strada.

Il luogo recanatese ove sostò inizialmente la Santa Casa, dietro l’attuale Stazione ferroviaria di Loreto, è ancor oggi chiamato “la Banderuola”, perché alcuni devoti, all’epoca della traslazione miracolosa in quel luogo, issarono una bandiera sulla cima di un altissimo pino, per far vedere da lontano – ai pellegrini che vi confluivano - il punto esatto ove si trovava la Santa Casa in mezzo alla selva.

Oggi certi “studiosi razionalisti” negano arbitrariamente, e contro gli stessi insegnamenti di tutti i Papi e contro tutte le documentazioni storiche e archeologiche, che la Santa Casa abbia “sostato” anche nella selva della signora Loreta, il cui fatto “miracoloso” è rievocato e mantenuto anche da una chiesetta ancora esistente sul luogo stesso ove sostò per circa otto mesi la Santa Casa.

Tale luogo è stato protagonista negli anni recenti di “fatti singolari” e “ammonitrici” per i negatori della verità delle “traslazioni miracolose”, che non sono ancora conosciuti se non dall’attuale custode e a chi è stato confidato, e che comprovano “la sacralità” e “la gelosia divina” di quel luogo singolare e “la verità” della sosta della Santa Casa in quella selva, che era proprietà della signora Loreta di Recanati. Di tali fatti “singolari” ne tratterò in un prossimo articolo.

 

 

 

 

 

Prof. GIORGIO NICOLINI

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