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FUNZIONE FORMATRICE DELLA SCUOLA

VIVIAMO IN UNA SOCIETA’ DI TIPO “URBANO-INDUSTRIALE” (nel 1969)

UN ARTICOLO DI GIORGIO NICOLINI SUL QUOTIDIANO DELLE MARCHE “VOCE ADRIATICA” DELL’11 MARZO 1969

VIVIAMO IN UNA SOCIETA’ DI TIPO “INFORMATICO-GLOBALIZZANTE” (nel 2000)

La cultura è patrimonio di tutti e non più di una ristretta “élite”.

La scuola deve promuovere capacità creative e costruttive,

così che quando il giovane ne sarà uscito possa trasferire l’insegnamento ricevuto nelle varie occasioni che la società presenta.

Mentre agli inizi del secolo prevaleva in Italia la “società contadina” (la quale imponeva all’individuo una selezione per la vita sociale, in quanto il mestiere di ognuno era già pre-determinato ancor prima della nascita, dovendo ciascun individuo proseguire il lavoro dei genitori e nella quale la funzione formatrice della scuola consisteva nella conservazione dei modelli di vita tradizionali e conservatori di questa società), attualmente stiamo vivendo in una società di tipo “urbano-industriale”, caratterizzata dalla movibilità delle strutture, dalla rapidità con cui tutto avviene. In questa società c’è la tendenza a garantire a tutti la partecipazione ad uno stesso lavoro, in quanto l’uomo vale per quello che sa fare e al valore della selezione, propria della società contadina, si è sostituito quello della efficienza.

La cultura, nella società “urbano-industriale”, è patrimonio di tutti e non più di una ristretta “élite”. La funzione della scuola, in tale società, è quella di promuovere capacità creative e costruttive, così che quando il giovane sarà uscito dalla scuola possa trasferire l’insegnamento ricevuto (e da egli sviluppato autonomamente) nelle varie occasioni che la società in continua trasformazione presenta.

Attualmente non è ancora scomparsa del tutto la vecchia società di tipo “contadino”, mentre a sua volta non si è ancora pienamente affermata la nuova società di tipo “urbano-industriale”. Tale stato di cose porta l’uomo moderno a degli squilibri psichici e a degli stati d’angoscia, che lo rendono incerto e titubante nell’operare delle scelte.

L’educazione che la scuola impartisce, opera, agisce e si riferisce a soggetti che dovranno esplicare la loro attività nel mondo un domani. Ora personalmente dubito che la Scuola Italiana, così com’è ora impostata, concorra ad una vera formazione dell’individuo, sì che appena il giovane ha terminato gli studi possa proseguire e sviluppare nel lavoro l’insegnamento ricevuto.

Primo obiettivo della scuola, infatti, non dovrebbe essere quello di trasmettere delle notizie (come ancora si usa largamente), ma quello di promuovere nell’alunno quel processo di identità personale e di integrazione, che consenta poi a questi, una volta inserito nella società, di esserne parte attiva e operante.

La Scuola dovrebbe sviluppare le caratteristiche di ciascuno, cioè la propria reale identità, che esige, bisogna che gradualmente acquisti consapevolezza delle proprie effettive possibilità e dei propri limiti, in modo tale che i giovani possano formarsi un concetto realistico di se stessi, di quello che realmente sono.

A cosa serve, infatti, allo studente conoscere una infinità di nozioni scientifiche, storiche, geografiche, letterarie, ecc., se poi egli stesso non conosce chi realmente è, qual è la sua personalità, quali le proprie attitudini, i propri pensieri?

Uscendo dalla scuola il giovane ancora oggi ha idee scarse e confuse sul proprio essere e neppure è in grado di operare nel mondo del lavoro una scelta, che sia il più strettamente consona alle proprie effettive capacità e disposizioni naturali.

L’attuale è una situazione paradossale, in quanto la Scuola, che si autodefinisce “magistra vitae”, in realtà non è in grado di saper incanalare nella società il giovane che proviene da essa, perché non ha saputo promuovere appunto questo processo di identità personale.

A questo processo non si può disgiungere l’altro altrettanto importante della integrazione. Cioè la scuola dovrebbe far sì che il giovane integri la parte fisica, psichica, morale e sociale di modo che tutto concorra alla formazione, a sollecitare determinate capacità.

Attualmente invece il giovane è sballottato, tra una materia d’insegnamento e l’altra, senza che queste abbiano un sincronismo tra loro. Ogni insegnante svolge la sua materia unilateralmente e pretende che lo studente si applichi in “particolar modo” alla sua, perché la ritiene la più importante e la base di tutte le altre.

L’insegnamento, cioè, è essenzialmente basato in un “tutto” disunito, disarmonico, che, invece di contribuire a formare integralmente tutte le componenti fisiche e spirituali del giovane, crea in lui degli scompensi e delle incertezze, deleterii alla sua formazione.

Solo attuando questo processo di identità e di integrazione dell’Io personale la Scuola potrà veramente divenire un Istituto Sociale, nel quale l’individuo si forma compiutamente e dal quale esce veramente maturo e pronto ad affrontare la vita con coraggio e determinazione, senza palesare incertezze e tentennamenti nella scelta del proprio avvenire.                                     

Giorgio Nicolini

(dalla “VOCE ADRIATICA” dell’11 marzo 1969 - Pagina “MARCHE GIOVANI”)

 

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