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       IL RISPETTO DELLA VITA UMANA
  NASCENTE E LA DIGNITA’ DELLA
  PROCREAZIONE     Istruzione "Donum Vitae" della Congregazione per la Dottrina della Fede     PREMESSA   La
  Congregazione per la Dottrina della Fede è stata interpellata da diverse
  Conferenze Episcopali o da singoli vescovi, da teologi, medici e uomini di scienza,
  in merito alla conformità con i principi della morale cattolica delle
  tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della
  vita dell'essere umano e nei processi stessi della procreazione. La presente
  Istruzione, che è frutto di vasta consultazione e in particolare di una
  attenta valutazione delle dichiarazioni di episcopati, non intende riproporre
  tutto l'insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana nascente e
  della procreazione, ma offrire, alla luce della precedente dottrina del
  Magistero, delle risposte specifiche ai principali interrogativi sollevati in
  proposito. L'esposizione
  viene ordinata nella maniera seguente: un'introduzione richiamerà i principi
  fondamentali di carattere antropologico e morale, necessari per un'adeguata
  valutazione dei problemi e per l'elaborazione delle risposte a tali
  interrogativi; la prima parte avrà per argomento il rispetto dell'essere
  umano a partire dal primo momento della sua esistenza; la seconda parte
  affronterà gli interrogativi morali posti dagli interventi della tecnica
  sulla procreazione umana; nella terza parte verranno offerti alcuni
  orientamenti sui rapporti che intercorrono tra legge morale e legge civile a
  proposito del rispetto dovuto agli embrioni e feti umani* in relazione alla
  legittimità delle tecniche di procreazione artificiale.       INTRODUZIONE     1. La ricerca biomedica e l'insegnamento della Chiesa   Il
  dono della vita, che Dio Creatore e Padre ha affidato all'uomo, impone
  a questi di prendere coscienza del suo inestimabile valore e di assumerne la
  responsabilità: questo principio fondamentale dev'essere posto al centro
  della riflessione, per chiarire e risolvere i problemi morali sollevati dagli
  interventi artificiali sulla vita nascente e sui processi della procreazione. Grazie
  al progresso delle scienze biologiche e mediche, l'uomo può disporre di
  sempre più efficaci risorse terapeutiche, ma può anche acquisire poteri nuovi
  dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana nello stesso suo inizio e
  nei suoi primi stadi. Diversi procedimenti consentono oggi d'intervenire non
  soltanto per assistere, ma anche per dominare i processi della procreazione.
  Tali tecniche possono consentire all'uomo di "prendere in mano il proprio
  destino", ma lo espongono anche "alla tentazione di andare oltre i
  limiti di un ragionevole dominio sulla natura" (1). Per quanto possano
  costituire un progresso a servizio dell'uomo, esse comportano anche dei
  rischi gravi. Da parte di molti, viene espresso cosi un urgente appello,
  affinché siano salvaguardati, negli interventi sulla procreazione, i valori e
  i diritti della persona umana. Le richieste di chiarificazione e orientamento
  non provengono soltanto dai fedeli, ma anche da parte di quanti riconoscono
  comunque alla Chiesa, "esperta in umanità" (2), una missione al
  servizio della "civiltà dell'amore" (3) e della vita. Il
  Magistero della Chiesa non interviene in nome di una competenza particolare
  nell'ambito delle scienze sperimentali; ma, dopo aver preso conoscenza dei
  dati della ricerca e della tecnica, intende proporre in virtù della propria
  missione evangelica e del suo dovere apostolico, la dottrina morale
  rispondente alla dignità della persona e alla sua vocazione integrale,
  esponendo i criteri di giudizio morale sulle applicazioni della ricerca
  scientifica e della tecnica, in particolare per ciò che riguarda la vita
  umana e i suoi inizi. Tali criteri sono il rispetto, la difesa e la
  promozione dell'uomo, il suo "diritto primario e fondamentale" alla
  vita (4), la sua dignità di persona, dotata di un'anima spirituale, di
  responsabilità morale (5) è chiamata alla comunione beatifica con Dio. L'intervento
  della Chiesa anche in quest'ambito è ispirato all'amore che essa deve
  all'uomo aiutandolo a riconoscere e rispettare i suoi diritti e i suoi
  doveri. Tale amore si alimenta alle sorgenti della carità di Cristo:
  contemplando il mistero del Verbo Incarnato, la Chiesa conosce anche il
  "mistero dell'uomo" (6); annunciando il Vangelo della salvezza,
  rivela all'uomo la sua dignità e lo invita a scoprire pienamente la sua
  verità. La Chiesa ripropone cosi la legge divina per fare opera di verità e
  di liberazione. È
  infatti per bontà - per indicare il cammino della vita - che Dio dà agli
  uomini i suoi comandamenti e la grazia per osservali; ed è pure per bontà -
  per aiutarli a perseverare nello stesso cammino - che Dio offre sempre a
  tutti il suo perdono. Cristo ha compassione delle nostre fragilità: Egli è
  nostro Creatore e nostro Redentore. Che il suo Spirito apra gli animi al dono
  della pace di Dio e all'intelligenza dei suoi precetti.     2. La scienza e la tecnica al servizio della persona umana   Dio
  ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li
  creò" (Gen 1, 27), affidando loro il compito di "dominare la
  terra" (Gen 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella
  applicata costituiscono un'espressione significativa di questa signoria
  dell'uomo sul creato. La scienza e la tecnica, preziose risorse dell'uomo
  quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a
  beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e
  del progresso umano. Essendo ordinate all'uomo da cui traggono origine e
  incremento, attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione
  della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti. Sarebbe,
  perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica
  e delle sue applicazioni; d'altro canto non si possono desumere i criteri di
  orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall'utilità che possono
  arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie
  dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso
  intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali
  della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei
  suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto
  e la volontà di Dio (7). II
  rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa esigenza
  di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non
  può portare che alla rovina dell'uomo. "L'epoca nostra, più ancora che i
  secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane
  tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a
  meno che non vengano suscitati uomini più saggi" (8).     3. Antropologia e interventi in campo biomedico   Quali
  criteri morali si devono applicare per chiarire i problemi posti oggi
  nell'ambito della biomedicina? La risposta a questo interrogativo suppone
  un'adeguata concezione della natura della persona umana nella sua dimensione
  corporea. Infatti,
  è soltanto nella linea della sua vera natura che la persona umana può
  realizzarsi come "totalità unificata" (9): ora questa natura è
  nello stesso tempo corporale e spirituale. In forza della sua unione
  sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può essere
  considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni, né può essere
  valutato alla stessa stregua del corpo degli animali, ma è parte costitutiva
  della persona che attraverso di esso si manifesta e si esprime. La
  legge morale naturale esprime e prescrive le finalità, i diritti e i doveri
  che si fondano sulla natura corporale e spirituale della persona umana.
  Pertanto essa non può essere concepita come normatività semplicemente
  biologica, ma deve essere definita come l'ordine razionale secondo il quale
  l'uomo è chiamato dal Creatore a dirigere e regolare la sua vita e i suoi
  atti e, in particolare, a usare e disporre del proprio corpo (10). Una
  prima conseguenza può essere dedotta da tali principi: un intervento sul
  corpo umano non raggiunge soltanto i tessuti, gli organi e le loro funzioni,
  ma coinvolge anche a livelli diversi la stessa persona; comporta quindi un
  significato e una responsabilità morali, in modo implicito forse, ma reale.
  Giovanni Paolo II ribadiva con forza all'Associazione medica mondiale:
  "Ogni persona umana, nella sua singolarità irrepetibile, non è costituita
  soltanto dallo spirito ma anche dal corpo, così nel corpo e attraverso il
  corpo viene raggiunta la persona stessa nella sua realtà concreta. Rispettare
  la dignità dell'uomo comporta di conseguenza salvaguardare questa identità
  dell'uomo corpore et anima unus, come affermava il Concilio Vaticano
  II (Cost. Gaudium et Spes, n. 14, 1). È sulla base di
  questa visione antropologica che si devono trovare i criteri fondamentali per
  le decisioni da prendere, quando si tratta d'interventi non strettamente terapeutici,
  per esempio gli interventi miranti al miglioramento della condizione
  biologica umana" (11). La
  biologia e la medicina nelle loro applicazioni concorrono al bene integrale della
  vita umana quando vengono in aiuto della persona colpita da malattia e
  infermità nel rispetto della sua dignità di creatura di Dio. Nessun biologo o
  medico può ragionevolmente pretendere, in forza della sua competenza
  scientifica, di decidere dell'origine e del destino degli uomini. Questa
  norma si deve applicare in maniera particolare nell'ambito della sessualità e
  della procreazione, dove l'uomo e la donna pongono in atto i valori
  fondamentali dell'amore e della vita. Dio,
  che è amore e vita, ha inscritto nell'uomo e nella donna la vocazione a una
  partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua
  opera di Creatore e di Padre (12). Per questo il matrimonio possiede
  specifici beni e valori di unione e di procreazione senza possibilità di
  confronto con quelli che esistono nelle forme inferiori della vita. Tali
  valori e significati di ordine personale determinano dal punto di vista
  morale il senso e i limiti degli interventi artificiali sulla procreazione e
  sull'origine della vita umana. Questi interventi non sono da rifiutare in
  quanto artificiali. Come tali essi testimoniano le possibilità dell'arte
  medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla
  dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al
  dono dell'amore e al dono della vita.     4. Criteri fondamentali per un giudizio morale   I
  valori fondamentali connessi con le tecniche di procreazione artificiale
  umana sono due: la vita dell'essere umano chiamato all'esistenza e
  l'originalità della sua trasmissione nel matrimonio. Il giudizio morale su
  tali metodiche di procreazione artificiale dovrà quindi essere formulato in
  riferimento a questi valori. La
  vita fisica, per cui ha inizio la vicenda umana nel mondo, non esaurisce
  certamente in sé tutto il valore della persona né rappresenta il bene supremo
  dell'uomo che è chiamato all'eternità. Tuttavia ne costituisce in un certo
  qual modo il valore "fondamentale", proprio perché sulla vita
  fisica si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona (13).
  L'inviolabilità del diritto alla vita dell'essere umano innocente "dal
  momento del concepimento alla morte" (14) è un segno e un'esigenza
  dell'inviolabilità stessa della persona, alla quale il Creatore ha fatto il
  dono della vita. Rispetto
  alla trasmissione delle altre forme di vita nell'universo, la trasmissione
  della vita umana ha una sua originalità, che deriva dalla originalità stessa
  della persona umana. "La trasmissione della vita umana è affidata dalla
  natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle santissime
  leggi di Dio: leggi immutabili e inviolabili che vanno riconosciute e
  osservate. È per questo che non si possono usare mezzi e seguire metodi che
  possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli
  animali" (15). I
  progressi della tecnica hanno oggi reso possibile una procreazione senza
  rapporto sessuale mediante l'incontro in vitro delle cellule germinali
  antecedentemente prelevate dall'uomo e dalla donna. Ma ciò che è tecnicamente
  possibile non è per ciò stesso moralmente ammissibile. La riflessione
  razionale sui valori fondamentali della vita e della procreazione umana è
  perciò indispensabile per formulare la valutazione morale a riguardo di tali
  interventi della tecnica sull'essere umano fin dai primi stadi del suo
  sviluppo.     5. Insegnamenti del Magistero   Da
  parte sua il Magistero della Chiesa, anche in questo ambito, offre alla
  ragione umana la luce della Rivelazione: la dottrina sull'uomo insegnata dal
  Magistero contiene molti elementi che illuminano i problemi che qui vengono
  affrontati. Dal
  momento del concepimento, la vita di ogni essere umano va rispettata in modo
  assoluto, perché l'uomo è sulla terra l'unica creatura che Dio ha
  "voluto per se stesso" (16), e l'anima spirituale di ciascun uomo è
  "immediatamente creata" da Dio (17); tutto il suo essere porta
  l'immagine del Creatore. La vita umana è sacra perché fin dal suo inizio
  comporta "l'azione creatrice di Dio" (18) e rimane per sempre in
  una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine (19). Solo Dio è il
  Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna
  circostanza, può rivendicare a sé il diritto il distruggere direttamente un
  essere umano innocente (20). La
  procreazione umana richiede una collaborazione responsabile degli sposi con
  l'amore fecondo di Dio (21); il dono della vita umana deve realizzarsi nel
  matrimonio mediante gli atti specifici ed esclusivi degli sposi, secondo le
  leggi inscritte nelle loro persone e nella loro unione (22).  | 
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       Parte I IL
  RISPETTO DEGLI EMBRIONI UMANI   Un'attenta riflessione su questo
  insegnamento del Magistero e sui dati di ragione sopra richiamati permette di
  rispondere ai molteplici problemi morali posti dagli interventi tecnici sull'essere
  umano nelle fasi iniziali della sua vita e sui processi del suo concepimento.   1. Quale rispetto è dovuto
  all'embrione umano, tenuto conto della sua natura e della sua identità? L'essere umano è da rispettare - come
  una persona - fin dal primo istante della sua esistenza. La messa in atto dei procedimenti di
  fecondazione artificiale ha reso possibili diversi interventi sugli embrioni
  e sui feti umani. Gli scopi perseguiti sono di diverso genere: diagnostici e
  terapeutici, scientifici e commerciali. Da tutto ciò scaturiscono gravi
  problemi. Si può parlare di un diritto alla sperimentazione sugli embrioni
  umani in vista della ricerca scientifica? Quali normative o quale
  legislazione elaborare in questa materia? La risposta a tali problemi suppone
  una riflessione approfondita sulla natura e sull'identità propria - si parla
  di "statuto" - dell'embrione umano. Da parte sua la Chiesa nel Concilio
  Vaticano II ha proposto nuovamente all'uomo contemporaneo la sua dottrina
  costante e certa secondo cui: "la vita, una volta concepita, dev'essere
  protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio, sono
  abominevoli delitti" (23). Più recentemente la Carta dei diritti
  della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, ribadiva: "La vita
  umana dev'essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del
  concepimento" (24). Questa Congregazione conosce le
  discussioni attuali sull'inizio della vita umana, sull'individualità
  dell'essere umano e sull'identità della persona umana. Essa richiama gli
  insegnamenti contenuti nella Dichiarazione sull'aborto procurato:
  "Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una nuova vita che
  non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si
  sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da
  allora. A questa evidenza di sempre... la scienza genetica moderna fornisce
  preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trova fissato
  il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo
  con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è
  iniziata l'avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità
  richiede tempo per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire" (25).
  Questa dottrina rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse
  bisogno, dalle recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce
  che nello zigote** derivante dalla fecondazione si è già costituita
  l'identità biologica di un nuovo individuo umano. Certamente nessun dato sperimentale può
  essere per sé sufficiente a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le
  conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono un'indicazione
  preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo
  primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una
  persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su
  un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la
  condanna morale di qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non è
  mutato ed è immutabile (26). Pertanto il frutto della generazione
  umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi
  dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto
  all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va
  rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto,
  da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona,
  tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente
  alla vita. Questo richiamo dottrinale offre il
  criterio fondamentale per la soluzione dei diversi problemi posti dallo
  sviluppo delle scienze biomediche in questo campo: poiché deve essere
  trattato come persona, l'embrione dovrà anche essere difeso nella sua
  integrità, curato e guarito, nella misura del possibile, come ogni altro
  essere umano nell'ambito dell'assistenza medica.   2. La diagnosi prenatale è
  moralmente lecita? Se la diagnosi prenatale rispetta la vita
  e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua
  salvaguardia o alla sua guarigione individuale, la risposta è affermativa. La diagnosi prenatale può infatti far
  conoscere le condizioni dell'embrione e del feto quando è ancora nel seno
  della madre; permette, o consente di prevedere, alcuni interventi
  terapeutici, medici o chirurgici, più precocemente e più efficacemente. Tale diagnosi è lecita se i metodi
  impiegati, con il consenso dei genitori adeguatamente informati,
  salvaguardano la vita e l'integrità dell'embrione e di sua madre, non facendo
  loro correre rischi sproporzionati (27). Ma essa è gravemente in contrasto
  con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai
  risultati, di provocare un aborto: una diagnosi attestante l'esistenza di una
  malformazione o di una malattia ereditaria non deve equivalere a una sentenza
  di morte. Pertanto la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione
  determinata di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza
  di una malformazione o anomalia, commetterebbe un'azione gravemente illecita.
  Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il coniuge o i parenti o
  chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla
  gestante con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all'aborto.
  Così pure sarebbe responsabile di illecita collaborazione lo specialista che
  nel condurre la diagnosi e nel comunicarne l'esito contribuisse volutamente a
  stabilire o favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto. Si deve infine condannare, come
  violazione del diritto alla vita nei confronti del nascituro e come
  prevaricazione sui diritti e doveri prioritari dei coniugi, una direttiva o
  un programma delle autorità civili e sanitarie o di organizzazioni
  scientifiche che, in qualsiasi modo, favorisse la connessione tra diagnosi
  prenatale e aborto oppure addirittura inducesse le donne gestanti a
  sottoporsi alla diagnosi prenatale pianificata allo scopo di eliminare i feti
  affetti o portatori di malformazioni o malattie ereditarie.   3. Gli interventi terapeutici
  sull'embrione umano sono leciti? Come per ogni intervento medico sui
  pazienti, si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a
  patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per
  lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al
  miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza
  individuale. Qualunque sia il genere di terapia
  medica, chirurgica o di altro tipo, è richiesto il consenso libero e
  informato dei genitori, secondo le regole deontologiche previste nel caso di
  bambini. L'applicazione di questo principio morale può richiedere delicate e
  particolari cautele trattandosi di vita embrionale o di feti. La legittimità e i criteri di tali
  interventi sono stati chiaramente espressi da Giovanni Paolo Il: "Un
  intervento strettamente terapeutico che si prefigga come obiettivo la
  guarigione di diverse malattie, come quelle dovute a difetti cromosomici,
  sarà, in linea di principio, considerato come auspicabile, supposto che tenda
  a realizzare la vera promozione del benessere personale dell'individuo, senza
  arrecare danno alla sua integrità o deteriorarne le condizioni di vita. Un
  tale intervento si colloca di fatto nella logica della tradizione morale
  cristiana" (28).   4. Come valutare moralmente
  la ricerca e la sperimentazione*** sugli embrioni e sui feti umani? La ricerca medica deve astenersi da
  interventi sugli embrioni vivi, a meno che non ci sia la certezza morale di
  non arrecare danno né alla vita né all'integrità del nascituro e della madre,
  e a condizione che i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e
  informato, per l'intervento sull'embrione.
  Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice osservazione
  dell'embrione, diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati o per
  gli effetti indotti, implicasse un rischio per l'integrità fisica o la vita
  dell'embrione. Per quanto riguarda la sperimentazione,
  presupposta la distinzione generale tra quella con finalità non direttamente
  terapeutica e quella chiaramente terapeutica per il soggetto stesso, nella
  fattispecie occorre distinguere anche tra la sperimentazione attuata sugli
  embrioni ancora vivi e la sperimentazione attuata su embrioni morti. Se
  essi sono vivi, viabili o non, devono essere rispettati come tutte le persone
  umane; la sperimentazione non direttamente terapeutica sugli embrioni è
  illecita (29). Nessuna finalità, anche in se stessa
  nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri
  umani o per la società, può in alcun modo giustificare la sperimentazione
  sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di
  esso. II consenso informato, normalmente richiesto per la sperimentazione clinica
  sull'adulto, non può essere concesso dai genitori, i quali non possono
  disporre né dell'integrità fisica né della vita del nascituro. D'altra parte
  la sperimentazione sugli embrioni o feti comporta sempre il rischio, anzi, il
  più delle volte la previsione certa di un danno per la loro integrità fisica
  o addirittura della loro morte. Usare l'embrione umano, o il feto, come
  oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti
  della loro dignità di esseri umani che hanno diritto allo stesso rispetto
  dovuto al bambino già nato e ad ogni persona umana. La Carta dei diritti
  della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, afferma: "Il rispetto
  per la dignità dell'essere umano esclude ogni sorta di manipolazione
  sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano" (30). La prassi di
  mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per
  scopi sperimentali o commerciali, è del tutto contraria alla dignità umana. Nel caso della sperimentazione
  chiaramente terapeutica, qualora si trattasse cioè di terapie sperimentali
  impiegate a beneficio dell'embrione stesso allo scopo di salvare in un
  tentativo estremo la sua vita, e in mancanza di altre terapie valide, può
  essere lecito il ricorso a farmaci o a procedure non ancora del tutto
  convalidate (31). I cadaveri di embrioni o feti umani,
  volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie
  degli altri esseri umani. In particolare non
  possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata
  accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre
  fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con
  l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. Anche nel caso
  di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica
  commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita.   5. Come valutare moralmente
  l'uso a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti mediante la fecondazione in
  vitro? Gli embrioni umani ottenuti in vitro
  sono esseri umani e soggetti di diritto: la loro dignità e il loro diritto
  alla vita devono essere rispettati fin dal primo momento della loro
  esistenza. È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati
  come "materiale biologico" disponibile. Nella pratica abituale della
  fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo
  della donna; alcuni vengono distrutti. Così come condanna l'aborto procurato,
  la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi esseri umani. È
  doveroso denunciare la particolare gravità della distruzione volontaria degli
  embrioni umani, ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia mediante
  fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare".
  Agendo in tal modo il ricercatore si sostituisce a Dio e, anche se non ne ha
  la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto sceglie
  arbitrariamente chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani
  senza difesa. Le metodiche di osservazione o di
  sperimentazione, che causano danno o impongono dei rischi gravi e
  sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente
  illecite per le stesse ragioni. Ogni essere umano va rispettato per se
  stesso, e non può essere ridotto a puro e semplice valore strumentale a
  vantaggio altrui. Non è perciò conforme alla morale esporre
  deliberatamente alla morte embrioni umani ottenuti in vitro. In
  conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro, questi
  embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati
  "soprannumerari", rimangono esposti a una sorte assurda, senza
  possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente
  perseguibili.   6. Quale giudizio dare sugli
  altri procedimenti di manipolazione degli embrioni connessi con le
  "tecniche di riproduzione umana"? Le tecniche di fecondazione in vitro
  possono aprire la possibilità ad altre forme di manipolazione biologica o
  genetica degli embrioni umani, quali: i tentativi o progetti di fecondazione
  tra gameti umani e animali e di gestazione di embrioni umani in uteri di
  animali; l'ipotesi o il progetto di costruzione di uteri artificiali per
  l'embrione umano. Questi procedimenti sono contrari alla dignità di essere
  umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo, ledono il diritto di ogni
  persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio
  (32). Anche i tentativi o le ipotesi volte a ottenere un essere umano
  senza alcuna connessione con la sessualità mediante "fissione
  gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie
  alla morale, in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione
  umana sia dell'unione coniugale. Lo stesso congelamento degli embrioni, anche
  se attuano per garantire una conservazione in vita dell'embrione -
  crioconservazione - costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri
  umani, in quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro
  integrità fisica, li priva almeno temporaneamente dell'accoglienza e della
  gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile di ulteriori
  offese e manipolazioni. Alcuni tentativi d'intervento sul
  patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla
  produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità
  prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale
  dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità.
  Non possono quindi in alcun modo essere giustificate in vista di eventuali
  conseguenze benefiche per l'umanità futura (33). Ogni persona deve essere
  rispettata per se stessa: in ciò consiste la dignità e il diritto di ogni
  essere umano fin dal suo inizio.  | 
 
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       Parte II INTERVENTI
  SULLA PROCREAZIONE UMANA   Per "procreazione
  artificiale" o "fecondazione artificiale" si intendono qui le diverse
  procedure tecniche volte a ottenere un concepimento umano in maniera diversa
  dall'unione sessuale dell'uomo e della donna. L'Istruzione tratta della
  fecondazione di un ovulo in provetta (fecondazione in vitro) e
  dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali
  della donna, dello sperma precedentemente raccolto. Un punto preliminare per la valutazione
  morale di tali tecniche è costituito dalla considerazione delle circostanze e
  delle conseguenze che esse comportano in ordine al rispetto dovuto
  all'embrione umano. L'affermarsi della pratica della fecondazione in vitro
  ha richiesto innumerevoli fecondazioni e distruzioni di embrioni umani.
  Ancora oggi, presuppone abitualmente una iperovulazione della donna: più
  ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in vitro per alcuni
  giorni. Abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della
  donna; alcuni embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari",
  vengono distrutti o congelati. Fra gli embrioni impiantati talora alcuni sono
  sacrificati per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche. Tale
  distruzione volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi
  diversi, a detrimento della loro integrità e della loro vita, è contraria
  alla dottrina già ricordata a proposito dell'aborto procurato. Il rapporto tra fecondazione in
  vitro e eliminazione volontaria di embrioni umani si verifica troppo
  frequentemente. Ciò è significativo: con questi procedimenti, dalle finalità
  apparentemente opposte, la vita e la morte vengono sottomesse alle decisioni
  dell'uomo, che viene così a costituirsi donatore di vita e di morte su
  comando. Questa dinamica di violenza e di dominio può rimanere non avvertita
  da parte di quegli stessi che, volendola utilizzare, vi si assoggettano. I
  dati di fatto ricordati e la fredda logica che li collega, devono essere
  considerati per un giudizio morale sulla FIVET (fecondazione in vitro
  e trasferimento dell'embrione): la mentalità abortiva che l'ha resa
  possibile, conduce così, lo si voglia o no, al dominio dell'uomo sulla vita e
  sulla morte dei suoi simili, che può portare ad un eugenismo radicale. Tuttavia abusi del genere non esimono
  da una approfondita e ulteriore riflessione etica sulle tecniche di
  procreazione artificiale considerate in se stesse, astraendo, per quanto è
  possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in vitro. La presente Istruzione prenderà in
  considerazione pertanto in primo luogo i problemi posti dalla fecondazione artificiale
  eterologa (II, 1-3)****, e successivamente quelli che sono collegati con la
  fecondazione artificiale omologa (II, 4-6)*****. Prima di formulare il giudizio etico su
  ciascuna di esse, saranno considerati i principi e i valori che determinano
  la valutazione morale di ciascuna di queste procedure.   A. FECONDAZIONE ARTIFICIALE
  ETEROLOGA 1. Perché la procreazione
  umana deve aver luogo nel matrimonio? Ogni essere umano va accolto sempre
  come un dono e una benedizione di Dio. Tuttavia dal punto di vista morale una
  procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere
  il frutto del matrimonio. La procreazione umana possiede infatti
  delle caratteristiche specifiche in virtù della dignità dei genitori e dei
  figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale l'uomo e la
  donna collaborano con la potenza del Creatore, dovrà essere il frutto e il
  segno della mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della
  loro fedeltà (34). La fedeltà degli sposi, nell'unità del matrimonio,
  comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e madre
  soltanto l'uno attraverso l'altro. Il figlio ha diritto ad essere
  concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio: è
  attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai propri genitori che egli
  può scoprire la propria identità e maturare la propria formazione umana. I genitori trovano nel figlio una
  conferma e un completamente della loro donazione reciproca: egli è l'immagine
  vivente del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la
  sintesi viva e indissolubile della loro dimensione paterna e materna (35). In forza della vocazione e delle
  responsabilità sociali della persona, il bene dei figli e dei genitori
  contribuisce al bene della società civile; la vitalità e l'equilibrio della
  società richiedono che i figli vengano al mondo in seno a una famiglia e che
  questa sia stabilmente fondata sul matrimonio. La tradizione della Chiesa e la
  riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio e nella sua unità
  indissolubile il solo luogo degno di una procreazione veramente responsabile.   2. La fecondazione
  artificiale eterologa è conforme alla dignità degli sposi e alla verità del
  matrimonio? Nella FIVET e nell'inseminazione
  artificiale eterologa il concepimento umano viene ottenuto mediante
  l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli sposi che sono uniti
  in matrimonio. La fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità
  del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori
  e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e
  dal matrimonio (36). Il rispetto dell'unità del matrimonio e
  della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il
  legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e
  inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno
  attraverso l'altro (37). Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere
  a disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno
  reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà
  essenziale del matrimonio, che è la sua unità. La fecondazione artificiale eterologa
  lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue
  origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità
  personale. Essa costituisce inoltre un'offesa alla vocazione comune degli
  sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la
  fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta
  una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e
  responsabilità educativa. Tale alterazione delle relazioni personali
  all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile: ciò che
  minaccia l'unità e la stabilità della famiglia è sorgente di dissensi, di
  disordine e di ingiustizie in tutta la vita sociale. Queste ragioni portano a un giudizio
  morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è
  moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore
  diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo
  che non proviene dalla sua sposa. Inoltre la fecondazione artificiale di una
  donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere
  moralmente giustificata. Il desiderio di avere un figlio,
  l'amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti
  superabile, costituiscono motivazioni comprensibili; ma le intenzioni
  soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né
  conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio né rispettosa
  dei diritti del figlio e degli sposi.   3. La maternità
  "sostitutiva" ****** è moralmente lecita? No, per le medesime ragioni che portano
  a rifiutare la fecondazione artificiale eterologa: è contraria, infatti,
  all'unità del matrimonio e alla dignità della procreazione della persona
  umana. La maternità sostitutiva rappresenta
  una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della
  fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il
  diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed
  educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione
  fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono.   B. FECONDAZIONE ARTIFICIALE
  OMOLOGA Dichiarata inaccettabile la
  fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente i procedimenti
  di fecondazione artificiale omologa: FIVET e inseminazione artificiale fra
  gli sposi. Occorre chiarire preliminarmente una questione di principio.   4. Quale legame è richiesto
  dal punto di vista morale tra procreazione e atto coniugale? a)
  L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma
  la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può
  rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il
  significato unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima
  struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli
  sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte
  nell'essere stesso dell'uomo e della donna" (38). Questo principio,
  fondato sulla natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni,
  comporta delle conseguenze ben note sul piano della paternità e maternità
  responsabili. "Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo
  e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso del mutuo e
  vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla
  paternità" (39). La medesima dottrina relativa al legame
  esistente fra i significati dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio
  chiarisce il problema morale della fecondazione artificiale omologa, poiché
  "non è mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da
  escludere positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto
  coniugale" (40). La contraccezione priva
  intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e
  opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio.
  La fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione che non è
  frutto di un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una
  separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio. Pertanto la fecondazione è voluta
  lecitamente quando è il termine di un "atto coniugale per sé idoneo alla
  generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e
  per il quale i coniugi divengono una sola carne" (41). Ma la
  procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria
  quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto
  specifico dell'unione degli sposi. b)
  Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e fra
  i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere umano,
  unità risultante di corpo e anima spirituale (42). Gli sposi si esprimono
  reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo",
  che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme
  (43). L'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente
  il dono di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è un
  atto inscindibilmente corporale e spirituale. È nel loro corpo e per mezzo
  del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare
  padre e madre. Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale
  generosità, l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla
  procreazione, e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il
  termine dell'amore sponsale. L'origine dell'essere umano risulta così da una
  procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche
  spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio" (44). Una
  fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ciò stesso
  privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del
  corpo e nell'unione delle persone umane. c)
  Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto
  coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una
  procreazione conforme alla dignità della persona. Nella sua origine unica e
  irripetibile il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in
  dignità personale a coloro che gli donano la vita. La persona umana
  dev'essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la
  generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione
  reciproca (45) che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano
  come servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore (46). L'origine di una persona umana è in
  realtà il risultato di una donazione. Il concepito dovrà essere il frutto
  dell'amore dei suoi genitori. Non può essere voluto né concepito come il
  prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe
  a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica. Nessuno può
  sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza
  tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio. La rilevanza morale del legame
  esistente tra i significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio,
  l'unità dell'essere umano e la dignità della sua origine esigono che la
  procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto
  dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi.
  Il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò, di
  grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni
  del Magistero a proposito della fecondazione artificiale omologa.   5. La fecondazione omologa in
  vitro è moralmente lecita? La risposta a questa domanda è
  strettamente dipendente dai principi ora ricordati. Non si possono certamente
  ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso
  alla FIVET omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio
  sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste situazioni la globalità
  della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità confacente alla
  procreazione umana. Si riconosce che la FIVET certamente non può supplire
  all'assenza dei rapporti coniugali (47) e non può essere preferita,
  considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i disagi della
  procedura agli atti specifici dell'unione coniugale. Ma ci si chiede se
  nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di
  sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un
  aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la
  liceità morale. Il desiderio di un figlio - o quanto
  meno la disponibilità a trasmettere la vita - è un requisito necessario dal
  punto di vista morale per una procreazione umana responsabile. Ma questa
  intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva
  della fecondazione in vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve
  essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale
  definitiva né dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive
  né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo (48). È già stato ricordato come, nelle
  circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione
  di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla
  illiceità dell'aborto (49). Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni
  cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa attua la
  dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto
  coniugale. La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche
  essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato. La FIVET omologa è attuata al di fuori
  del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e
  attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita
  e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un
  dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una
  siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e
  all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il
  risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né
  di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto di
  un atto specifico dell'unione coniugale. Nella FIVET omologa, perciò, pur
  considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la
  generazione della persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione
  propria: quella di essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale
  in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della
  vita a una nuova persona" (50). Queste ragioni permettono di comprendere
  perché l'atto di amore coniugale sia considerato nell'insegnamento della
  Chiesa come l'unico luogo degno della procreazione umana. Per le stesse
  ragioni il cosiddetto "caso semplice", cioè una procedura di FIVET
  omologa, che sia purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva
  della distruzione di embrioni e con la masturbazione, rimane una tecnica
  moralmente illecita perché priva la procreazione umana della dignità che le è
  propria e connaturale. Certamente la FIVET omologa non è
  gravata di tutta quella negatività etica che si riscontra nella procreazione
  extraconiugale; la famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito
  della nascita e dell'educazione dei figli. Tuttavia, in conformità con la
  dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della
  persona, la Chiesa rimane contraria, dal punto di vista morale, alla
  fecondazione omologa in vitro; questa è in se stessa illecita e contrastante
  con la dignità della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto
  sia messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano. Pur non potendo essere approvata la
  modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni
  bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente
  della Bontà divina e dovrà essere educato con amore.   6. Coma valutare dal punto di
  vista morale l'inseminazione artificiale omologa? L'inseminazione artificiale omologa
  all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il
  mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri
  come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo
  naturale. L'insegnamento del Magistero a questo
  proposito è stato già esplicitato (51): esso non è soltanto espressione di circostanze
  storiche particolari, ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in tema di
  connessione fra unione coniugale e procreazione, e sulla considerazione della
  natura personale dell'atto coniugale e della procreazione umana. "L'atto
  coniugale, nella sua struttura naturale, è un'azione personale, una
  cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa
  natura degli agenti e la proprietà dell'atto, è l'espressione del dono
  reciproco, che, secondo la parola della Scrittura, effettua l'unione "in
  una carne sola"" (52). Pertanto la coscienza morale "non
  proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi artificiali destinati
  unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a procurare il
  raggiungimento del proprio fine all'atto naturale normalmente compiuto"
  (53). Se il mezzo tecnico facilita l'atto coniugale o l'aiuta a raggiungere i
  suoi obiettivi naturali, può essere moralmente accettato. Qualora, al
  contrario, l'intervento si sostituisca all'atto coniugale, esso è moralmente
  illecito. L'inseminazione artificiale sostitutiva
  dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente
  operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante
  la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale
  dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto
  rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca... la relazione
  sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un
  contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della
  procreazione umana"" (54).   7. Quale criterio morale
  proporre circa l'intervento del medico nella procreazione umana? L'atto medico non dev'essere valutato
  soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e soprattutto in
  relazione alla sua finalità, che è il bene delle persone e la loro salute
  corporea e psichica. I criteri morali per l'intervento medico nella
  procreazione si deducono dalla dignità delle persone umane, della loro
  sessualità e della loro origine. La medicina che voglia essere ordinata
  al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani
  della sessualità (55). Il medico è al servizio delle
  persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere
  di esse. L'intervento medico è rispettoso della dignità delle persone
  quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia
  per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato
  normalmente compiuto (56). Al contrario, talvolta accade che
  l'intervento medico tecnicamente si sostituisca all'atto coniugale per
  ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in
  questo caso l'atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio dell'unione
  coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice
  alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro. L'umanizzazione della medicina, che
  viene oggi insistentemente richiesta da tutti, esige il rispetto
  dell'integrale dignità della persona umana in primo luogo nell'atto e nel
  momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una nuova persona. È logico
  pertanto rivolgere anche un pressante appello ai medici e ai ricercatori
  cattolici perché rendano una esemplare testimonianza del rispetto dovuto
  all'embrione umano e alla dignità della procreazione. Il personale medico e
  curante degli ospedali e delle cliniche cattoliche è in modo speciale
  invitato a fare onore agli obblighi morali contratti, spesso anche a titolo
  di statuto. I responsabili di questi ospedali e cliniche cattoliche, che sono
  sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere un'attenta
  osservanza delle norme morali richiamate nella presente Istruzione.   8. La sofferenza per la
  sterilità coniugale La sofferenza degli sposi che non
  possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio handicappato,
  è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente valutare. Da parte degli sposi il desiderio di un
  figlio è naturale: esprime la vocazione alla paternità e alla maternità
  inscritta nell'amore coniugale. Questo desiderio può essere ancora più forte
  se la coppia è affetta da sterilità che appaia incurabile. Tuttavia il
  matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma
  soltanto il diritto a porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati
  alla procreazione (57). Un vero e proprio diritto al figlio
  sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. Il figlio non è un
  qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di
  proprietà: è piuttosto un dono, "il più grande" (58)
  e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della
  donazione reciproca dei suoi genitori. A questo titolo il figlio ha il
  diritto - come è stato ricordato - di essere il frutto dell'atto specifico
  dell'amore coniugale dei suoi genitori e ha anche il diritto a essere
  rispettato come persona dal momento del suo concepimento. Tuttavia la sterilità, qualunque ne sia
  la causa e la prognosi, è certamente una dura prova. La comunità dei credenti
  è chiamata a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono
  realizzare una legittima aspirazione alla maternità e paternità. Gli sposi
  che si trovano in queste dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse
  l'occasione per una particolare partecipazione alla croce del Signore, fonte
  di fecondità spirituale. Le coppie sterili non devono dimenticare che
  "anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita
  coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere
  occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle
  persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere
  educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati"
  (59). Molti ricercatori si sono impegnati
  nella lotta contro la sterilità. Salvaguardando pienamente la dignità della
  procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza
  sembravano irraggiungibili. Gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a
  proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della
  sterilità e potervi rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire
  a procreare nel rispetto della loro dignità personale e di quella del
  nascituro.     Parte III MORALE E LEGGE CIVILE   Valori
  e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire in
  questa materia  Il
  diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti
  della famiglia e dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori
  morali fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione
  integrale della persona umana; nello stesso tempo sono elementi costitutivi
  della società civile e del suo ordinamento.  Per
  questo motivo le nuove possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della
  biomedicina, richiedono l'intervento delle autorità politiche e del
  legislatore, perché un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe
  condurre a conseguenze non prevedibili e dannose per la società civile. Il
  riferimento alla coscienza di ciascuno e all'autoregolamentazione dei
  ricercatori non può essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali
  e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune,
  mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da
  parte di ricercatori che pretendessero di governare l'umanità in nome delle
  scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento" che
  ne deriverebbero. L'"eugenismo" e le discriminazioni fra gli esseri
  umani potrebbero trovarsi legittimate: ciò costituirebbe una violenza e
  un'offesa grave all'uguaglianza, alla dignità e ai diritti fondamentali della
  persona umana.  L'intervento
  dell'autorità politica si deve ispirare ai principi razionali che regolano i rapporti
  tra legge civile e legge morale. Compito della legge civile è assicurare il
  bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei
  diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità
  (60). In nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla coscienza
  né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza; essa deve
  talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non può proibire
  senza che ne derivi un danno più grave. Tuttavia i diritti inalienabili della
  persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società
  civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai
  singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano una concessione
  della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti
  alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine.  Fra
  tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare:  a)
  il diritto alla vita e all'integrità fisica di
  ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte;  b) i
  diritti della famiglia e del matrimonio come istituzione e, in questo ambito,
  il diritto per il figlio ad essere concepito, messo al mondo ed educato dai
  suoi genitori.  Su
  ciascuna di queste due tematiche occorre qui svolgere qualche considerazione
  ulteriore. In diversi Stati alcune leggi hanno autorizzato la soppressione
  diretta di innocenti: nel momento in cui una legge positiva priva una
  categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve
  loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla
  legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di
  ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i
  fondamenti stessi di uno Stato di diritto. L'autorità politica di conseguenza
  non può approvare che degli esseri umani siano chiamati all'esistenza
  mediante procedure tali da esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati. Il
  riconoscimento eventualmente accordato dalla legge positiva e dalle autorità
  politiche alle tecniche di trasmissione artificiale della vita e alle
  sperimentazioni connesse renderebbe più ampia la breccia aperta dalla
  legalizzazione dell'aborto.  Come
  conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al
  nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà
  prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi
  diritti. La legge non potrà tollerare - anzi dovrà espressamente proibire -
  che degli esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come
  oggetto di sperimentazione, mutilati o distrutti, con il pretesto che
  risulterebbero superflui o incapaci di svilupparsi normalmente.  L'autorità
  politica è tenuta a garantire all'istituzione familiare, sulla quale la
  società si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. Per il
  fatto stesso che è al servizio delle persone, l'autorità politica dovrà
  essere anche a servizio della famiglia. La legge civile non potrà accordare
  la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono
  a beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o
  governativi) ciò che costituisce un diritto inerente alla relazione fra gli
  sposi e non potrà perciò legalizzare il dono di gameti tra persone che non
  siano legittimamente unite in matrimonio.  La
  legislazione dovrà proibire inoltre, in forza del sostegno che è dovuto alla
  famiglia, le banche di embrioni, l'inseminazione post mortem e la
  "maternità sostitutiva".  Rientra
  nei doveri dell'autorità pubblica operare in modo che la legge civile sia
  regolata sulle norme fondamentali della legge morale in ciò che concerne i
  diritti dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare. Gli uomini
  politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro intervento sull'opinione
  pubblica, ad ottenere su tali punti essenziali il consenso più vasto
  possibile nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere
  indebolito e di venir meno.  In
  molti paesi la legalizzazione dell'aborto e la tolleranza giuridica verso le
  coppie non sposate rendono più difficile ottenere il rispetto dei diritti
  fondamentali richiamati in questa Istruzione. Ci si augura che gli Stati non
  si assumano la responsabilità di rendere ancora più gravi queste situazioni
  di ingiustizia socialmente dannose. Al contrario, c'è da auspicare che le
  nazioni e gli Stati prendano coscienza di tutte le implicazioni culturali,
  ideologiche e politiche connesse con le tecniche di procreazione artificiale
  e sappiano trovare la saggezza e il coraggio necessari per emanare leggi più
  giuste e rispettose della vita umana e dell'istituzione familiare.  La
  legislazione civile di numerosi Stati conferisce oggi agli occhi di molti una
  legittimazione indebita di certe pratiche; essa si dimostra incapace di
  garantire quella moralità, che è conforme alle esigenze naturali della
  persona umana e alle "leggi non scritte" impresse dal Creatore nel
  cuore dell'uomo. Tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi, in
  particolare nell'ambito della loro professione e nell'esercizio dei loro
  diritti civili, perché siano riformate le leggi civili moralmente
  inaccettabili e corrette le pratiche illecite. Inoltre deve essere sollevata
  e riconosciuta l'"obiezione di coscienza" di fronte a tali leggi. Ancora
  più, comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di molti,
  specialmente fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una
  resistenza passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla
  dignità dell'uomo.      CONCLUSIONE La diffusione delle tecnologie
  d'intervento sui processi della procreazione umana solleva gravissimi
  problemi morali in relazione al rispetto dovuto all'essere umano fin dal suo
  concepimento e alla dignità della persona, della sua sessualità e della
  trasmissione della vita.  Con questo documento, la Congregazione
  per la Dottrina della Fede, adempiendo al suo compito di promuovere e
  tutelare l'insegnamento della Chiesa in così grave materia, rivolge un nuovo
  accorato invito a tutti coloro che, in ragione del loro ruolo e del loro
  impegno, possono esercitare un influsso positivo perché, nella famiglia e
  nella società, sia accordato il dovuto rispetto alla vita e all'amore: ai
  responsabili della formazione delle coscienze e dell'opinione pubblica, ai cultori
  della scienza e ai professionisti della medicina, ai giuristi e agli uomini
  politici. Essa auspica che tutti comprendano l'incompatibilità che sussiste
  tra il riconoscimento della dignità della persona umana e il disprezzo della
  vita e dell'amore, tra la fede nel Dio vivente e la pretesa di voler decidere
  arbitrariamente dell'origine e della sorte di un essere umano. In particolare la Congregazione per la
  Dottrina della Fede rivolge un fiducioso invito e un incoraggiamento ai
  teologi e, in particolare, ai moralisti perché approfondiscano e rendano
  sempre più accessibili ai fedeli i contenuti dell'insegnamento del Magistero
  della Chiesa, alla luce di una valida antropologia in materia di sessualità e
  matrimonio nel contesto del necessario approccio interdisciplinare. Si
  potranno così comprendere sempre meglio le ragioni e la validità di questo
  insegnamento: difendendo l'uomo contro gli eccessi del suo potere, la Chiesa
  di Dio gli ricorda i titoli della sua vera nobiltà; solo in tal modo si potrà
  assicurare all'umanità di domani la possibilità di vivere e di amare in
  quella dignità e libertà che derivano dal rispetto della verità. Le precise
  indicazioni che vengono offerte nella presente Istruzione non intendono
  quindi arrestare lo sforzo di riflessione, ma piuttosto favorire un rinnovato
  impulso, nella fedeltà irrinunciabile alla dottrina della Chiesa. Alla luce della verità sul dono della
  vita umana e dei principi morali che ne conseguono, ciascuno è invitato ad
  agire, nell'ambito della responsabilità che gli è propria, come il buon
  samaritano e a riconoscere anche il più piccolo tra i figli degli uomini come
  suo prossimo (Cf. Lc 10, 29-37). La parola di Cristo trova qui una
  risonanza nuova e particolare: "Ciò che avrete fatto al più piccolo dei
  miei fratelli lo avrete fatto a Me" (Mt 25, 40). Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II,
  nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto dopo la riunione
  plenaria di questa Congregazione, ha approvato la presente Istruzione e ne ha
  ordinato la pubblicazione. Roma, dalla Sede della Congregazione
  per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 1987, Festa della Cattedra di S.
  Pietro Apostolo. Joseph Card. Ratzinger Prefetto Alberto Bovone Arc. tit. di Cesarea di
  Numidia Segretario  | 
 
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       NOTE * I termini di "zigote",
  "pre-embrione", "embrione" e "feto" possono
  indicare nel vocabolario della biologia stadi successivi dello sviluppo di un
  essere umano. La presente Istruzione usa liberamente di questi termini,
  attribuendo ad essi un'identica rilevanza etica, per designare il frutto,
  visibile o non, della generazione umana, dal primo momento della sua
  esistenza fino alla nascita. La ragione di questo uso viene chiarita dal
  testo (cf. I, 1). ** Lo zigote è la cellula derivante
  dalla fusione dei nuclei dei due gameti. *** Poiché i termini
  "ricerca" e "sperimentazione" sono frequentemente usati
  in modo equivalente e ambiguo, si ritiene di dover precisare il significato
  loro attribuito nel presente documento. 1) Per ricerca s'intende
  qualsiasi procedimento induttivo-deduttivo, inteso a promuovere
  l'osservazione sistematica di un dato fenomeno in campo umano o a verificare
  un'ipotesi emersa da precedenti osservazioni. 2) Per sperimentazione s'intende
  qualsiasi ricerca, in cui l'essere umano (nei diversi stadi della sua
  esistenza: embrione, feto, bambino o adulto) rappresenta l'oggetto mediante
  il quale o sul quale s'intende verificare l'effetto, al momento sconosciuto o
  ancora non ben conosciuto, di un dato trattamento (ad es. farmacologico,
  teratogeno, chirurgico ecc.). **** L'Istruzione intende, con la
  denominazione di Fecondazione o procreazione artificiale eterologa le
  tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da
  gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti
  in matrimonio. Tali tecniche possono essere di due tipi: a) FIVET eterologa: la tecnica
  volta a ottenere un concepimento umano attraverso l'incontro in vitro
  di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due sposi uniti da
  matrimonio. b) Inseminazione artificiale
  eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso
  il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente
  raccolto da un donatore diverso dal marito. ***** L'Istruzione intende per Fecondazione
  o procreazione artificiale omologa la tecnica volta a ottenere un
  concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. La
  fecondazione artificiale omologa può essere attuata con due diverse
  metodiche: a) FIVET omologa: la tecnica diretta
  a ottenere un concepimento umano mediante l'incontro in vitro dei
  gameti degli sposi uniti in matrimonio b) Inseminazione artificiale
  omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante il
  trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello sperma
  precedentemente raccolto del marito. ****** Sotto la denominazione di
  "madre sostitutiva" l'Istruzione intende comprendere: a) la
  donna che porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che le è
  geneticamente estraneo, perché ottenuto mediante l'unione di gameti di
  "donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una volta nato a
  chi ha commissionato o pattuito tale gestazione; b) la
  donna che porta in gestazione un embrione alla cui procreazione ha concorso
  con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante inseminazione con lo sperma
  di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il figlio, una
  volta nato, a chi ha commissionato o pattuito la gestazione.   (1) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti all'81° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna e
  all'82° Congresso della Società Italiana di Chirurgia Generale, 27
  ottobre 1980: AAS 72 (1980) 1126. (2) PAOLO VI, Discorso all'Assemblea
  Generale delle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965: AAS 57 (1965) 878; Encicl. Popolorum
  Progressio, 13: AAS 59 (1967) 263. (3) PAOLO VI, Omelia durante la
  Messa di chiusura dell'Anno Santo, 25 dicembre 1975: AAS 68 (1976) 145;
  GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Dives in Misericordia, 30: AAS 72 (1980)
  1224. (4) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390. (5) Cf. Dichiar. Dignitatis Humanae,
  2. (6) Costit. past. Gaudium et Spes,
  22, GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 8: AAS 71 (1979) 270-272. (7) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 35. (8) Costit. past. Gaudium et Spes, 15. Cf.
  anche PAOLO Vl, Encicl. Popolorum Progressio, 20: AAS 59 (1967) 267;
  GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 15: AAS 71 (1979) 286-289; Esort. apost. Familiaris Consortio,
  8: AAS 74 (1982) 89. (9) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS
  74 (1982) 92. (10) Cf. PAOLO VI, Encicl. Humanae
  Vitae, 10: AAS 60 (1968) 487488. (11) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393. (12) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort.
  apost. Familiaris
  Consortio, 11: AAS 74
  (1982) 91-92; cf. anche Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (13) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
  DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto procurato, 9: AAS 66
  (1974) 736-737. (14) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390. (15) GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447. (16) Costit. past. Gaudium et Spes, 24. (17) Cf. Pio XII, Encicl. Humani
  Generis: AAS 42 (1950) 575; PAOLO VI, Professio fidei: AAS 60
  (1968) 436. (18) GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater
  et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447: cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
  ai sacerdoti partecipanti a un seminario di studio su "La procreazione
  responsabile", 17 settembre 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo
  Il, VI, 2 (1983) 562: "All'origine di ogni persona umana v'è un atto
  creativo di Dio: nessun uomo viene all'esistenza per caso; egli è sempre il
  termine dell'amore creativo di Dio". (19) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 24. (20) Cf. Pio XII, Discorso
  all'Unione Medico-Biologica "S. Luca", 12 novembre 1944: Discorsi
  e Radiomessaggi, VI (1944-1945) 191-192. (21) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (22) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes,
  51: "Perciò quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la
  trasmissione responsabile della vita il carattere morale del comportamento
  non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma
  va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella natura
  stessa della persona umana e dei suoi atti, che sono destinati a mantenere in
  un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e della
  procreazione umana". (23) Costit. past. Gaudium et Spes, n. 51. (24) Santa Sede, Carta dei diritti
  della famiglia, art. 4: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983. (25) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
  DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto procurato,12-13: AAS 66
  (1974) 738. (26) Cf. PAOLO VI, Discorso ai
  partecipanti al XXIII Congresso Nazionale dei Giuristi Cattolici Italiani,
  9 dicembre 1972: AAS 64 (1972) 777. (27) L'obbligo di evitare dei rischi
  sproporzionati comporta un autentico rispetto degli esseri umani e la
  rettitudine delle intenzioni terapeutiche. Esso implica che il medico
  "dovrà innanzitutto valutare attentamente le eventuali conseguenze negative
  che l'uso necessario di una determinata tecnica d'indagine può avere sul
  concepito, ed eviterà il ricorso a procedimenti diagnostici circa la cui
  onesta finalità e sostanziale innocuità non si possiedono sufficienti
  garanzie. E se come spesso avviene nelle scelte umane, un coefficiente di
  rischio dovrà essere affrontato, egli si preoccuperà di verificare che esso
  sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall'importanza dei
  risultati con essa raggiungibili in favore del concepito stesso" (GIOVANNI
  PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la
  vita", 3 dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V
  3 [1982] 1512). Questa precisazione sul "rischio proporzionato" va
  tenuta presente anche nei passi successivi di questa Istruzione, tutte le
  volte in cui ricorre questo termine. (28) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 ( I 984) 392. (29) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
  ai partecipanti a un Convegno della Pontificia Accademia delle Scienze,
  23 ottobre 1982: AAS 75 (1983) 37: "lo condanno nel modo più esplicito e
  formale le manipolazioni sperimentali fatte sull'embrione umano, perché
  l'essere umano, dal momento del suo concepimento fino alla morte, non può
  essere sfruttato per nessuna ragione". (30) SANTA SEDE, Carta dei diritti
  della famiglia, art. 4b: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983. (31) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
  ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita", 3
  dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V 3, (1982) 1511:
  "Inaccettabile è ogni forma di sperimentazione sul feto che possa
  danneggiarne l'integrità o peggiorarne le condizioni a meno che si tratti di
  un tentativo estremo di salvarlo da morte". SACRA CONGREGAZIONE PER LA
  DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'eutanasia, 4: AAS 72 (1980)
  550: "In mancanza di altri rimedi, è lecito ricorrere, con il consenso
  dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata,
  anche se sono ancora allo stato sperimentale e non sono esenti da qualche
  rischio". (32) Nessuno può rivendicare, prima di
  esistere, un diritto soggettivo ad iniziare l'esistenza, tuttavia, è
  legittimo affermare il diritto del bambino ad avere un'origine pienamente umana
  attraverso il concepimento conforme alla natura personale dell'essere umano.
  La vita è un dono che deve essere accordato in maniera degna sia del soggetto
  che la riceve sia dei soggetti che la trasmettono. Questa precisazione va
  tenuta presente anche per quanto verrà spiegato a proposito della
  procreazione artificiale umana. (33) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
  ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 391. (34) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (35) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort.
  apost. Familiaris
  Consortio, 14: AAS 74
  (1982) 96. (36) Cf. Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
  settembre 1949: AAS 41 (1949) 559. Secondo il piano del Creatore,
  "I'uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i
  due diventano una sola carne" (Gen 2, 24). L'unita del
  matrimonio, legata all'ordine della creazione, è una verità alla ragione
  naturale. La Tradizione e il Magistero della Chiesa si riferiscono sovente al
  libro della Genesi, sia direttamente sia attraverso i passi del Nuovo
  Testamento che vi fanno riferimento: Mt 19, 4-6; Mc 10, 5-8; Ef
  5, 31. Cf. ATENAGORA, Legatio pro christianis, 33: PG 6,965-967; S.
  GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum homiliae, LXII, 19 1: PG 58,597 S.
  LEONE MAGNO, Epist. ad Rusticum, 4: PL 54,120i, INNOCENZO III Epist. Gaudemus
  in Domino: DS 778; CONCILIO DI LIONE II, IV sess.: DS 860; CONCILIO Dl
  TRENTO, XXIV sess.: DS 1798.1802; LEONE XIII, Encicl. Arcanum divinae
  sapientiae: ASS 12 (1879-80) 388-391; Pio XI, Encicl. Casti Connubii:
  AAS 22 (1930) 546-547; CONCILIO VATICANO II, Const. past. Gaudium et Spes,
  48; Giovanni PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 19: AAS 74 (1982)
  101-102; C.I.C., can. 1056. (37) Cf. Pio Xll, Discorso ai
  partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
  settembre 1949: AAS 41 (1949) 560; Discorso alle congressiste dell'Unione
  Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS43 (1951) 850; C.I.C.,
  can. 1134. (38) PAOLO Vl, Encicl. Humanae Vitae,
  12: AAS 60 (1968) 488-489. (39) Loc. cit.: ibid.,
  489. (40) Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondità e sterilità
  umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 470. (41) C.I.C. can. 1061. Secondo questo
  canone, l'atto coniugale è quello per il quale il matrimonio è consumato se i
  due sposi "l'hanno posto tra loro in modo umano". (42) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 14. (43) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza
  generale, 16 gennaio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III,
  1 (1980) 148-152. (44) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
  partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
  29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393. (45) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 51. (46) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (47) Cf. Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
  settembre 1949: AAS 41 (1949) 560: "Sarebbe falso pensare che la possibilità
  di ricorrere a questo mezzo (fecondazione artificiale) possa rendere valido
  il matrimonio tra persone incapaci a contrarlo a motivo dell'impedimentum
  impotentiae". (48) Una questione analoga è trattata
  da PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 14: AAS60 (1968) 490-491. (49) Cf. sopra I, 1 seg. (50) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 96. (51) Cf. Risposta del S. Uffizio,
  17 marzo 1897: DS 3323; PIO XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso
  Internazionale dei Medici Cattolici, 29 Settembre 1949: AAS41 (1949) 560,
  Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche,
  29 ottobre 1951: AAS 43 (1951) 850; Discorso ai partecipanti al II
  Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità umana, 19 maggio
  1956: AAS 48 (1956) 471 473; Discorso ai partecipanti al VII Congresso
  Internazionale della Società Internazionale di Ematologia, 12 Settembre
  1958: AAS 50 (1958) 733; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 477. (52) Pio XII, Discorso alle
  congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951:
  AAS43 (1951) 850. (53) Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
  settembre 1949: AAS 41 (1949) 560. (54) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
  DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale,
  9: AAS 68 (1976) 86, che cita la Costit. past. Gaudium et Spes, 51;
  cf. Decreto del S. Uffizio, 2 agosto 1929: AAS 21 (1929) 490: Pio XII Discorso
  ai partecipanti al XXVI Congresso indetto dalla Società Italiana di urologia,
  8 ottobre 1953: AAS45 (1953) 678. (55) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447. (56) Cf. Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
  settembre 1949: AL4S 41 (1949) 560. (57) Cf. Pio XII, Discorso ai
  partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità
  umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 471-473. (58) Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (59) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 97. (60) Cf. Dichiar. Dignitatis humanae,
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