LA TESTIMONIANZA DI GIULIANO

 

“In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile” (Mt.17,20)… “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe” (Lc.17,6).

 

    Io non lo so quanto è grande questa benedetta senapa, ma so che per una settimana, una settimana intera, io ho pregato con tutta la fede che avevo nel cuore. Dio, che legge nei cuori, ha sicuramente visto che ce l’avevo messa tutta, la fede che avevo. Pregavo incessantemente, giorno e notte.

      E’ successo quando si andavano definendo i dettagli del piano volto ad uccidere mio figlio. Avevo fiducia in Dio: avevo messo il mio piccolo nelle Sue mani, e questo pensiero era l’unico che mi donava un po’ di serenità e che riusciva a farmi fare qualche ora di sonno, in quell’orribile periodo.

       Tutto quello che mi stava accadendo, intorno, non mi sembrava reale, e forse per questo non sapevo cosa fare: ero attore di un film di paura, senza averne mai letto la sceneggiatura. Volevo essere almeno attore protagonista, ma di fatto non lo ero. Così mi sono messo a pregare: mi è sembrata la cosa più ovvia da fare, ed insieme la più utile.

       Mio figlio oggi avrebbe due anni e cinque mesi. Invece è morto tre anni fa, mentre io pregavo. E questa è la cosa che più non mi spiego, che mi ha fatto – per la prima volta – dubitare della veridicità del Vangelo. Ma che mi ha sbattuto in faccia la bruttezza di Satana e l’importanza dell’insegnare Amore alle persone, in questo mondo dove ce n’è così poco.

       Metto un po’ di ordine. Partendo dal giorno più bello della mia vita: quello in cui mi sono innamorato.

    E’ esperienza di tutti la ricerca dell’anima gemella, con la quale si sogna di condividere una meravigliosa vita coniugale. Io credo che arrivi un momento in cui in testa si senta suonare come una campanella, che dice: “Fermati, non cercare più: è quella giusta!”. Io questa campanella l’ho sentita: era una ragazza bellissima, che aveva negli occhi – quando cantava, quando danzava e quando pregava – una luce abbagliante, proprio la luce di Mt.5,16 ( “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”).

    Fortunatamente, la campanella era suonata anche per lei, ed in questi casi si dice: “Più felici di così non si potrebbe essere…”. E invece, il Signore ci ha smentiti, regalandoci dopo qualche mese la gioia immensa di un’attesa incredibile. Infatti, all’inizio non ci credevamo. Ma dopo qualche giorno per “riprenderci” dalla notizia, abbiamo iniziato a progettare insieme a Cristo le fondamenta della famiglia più felice del mondo e – dopo un altro po’ – abbiamo deciso di fare partecipi della nostra gioia le persone a noi più vicine, prima fra tutti la mamma della mia fidanzata.

    La faccia che ha fatto quella donna quel giorno io non me la dimenticherò finché vivrò. Ha iniziato a dire cose, come a chiamare mio figlio “guaio”, “scuorno” (in napoletano, “vergogna”). Ha continuato piangendo, dicendo che quando suo marito l’avrebbe saputo sarebbe morto dal dolore. Io assistevo a quel dramma che non capivo e che sentivo lontanissimo da me: “Signora, non si chiama “guaio”, si chiama “Riccardino” (gli avevamo già dato un nome…)”. Ma non c’era verso. Dentro di me cercavo delle giustificazioni: "In effetti – pensavo – è una notizia che deve essere metabolizzata un po’. Ma in verità – mi chiedevo poi – come si fa a dire che una nuova vita provoca dolore???".

    Dopo un paio di giorni sono stato convocato. Mi presento, e trovo una signora che ha la stessa faccia triste di quando l’aveva lasciata (credo che se le avessimo detto che sua figlia aveva un brutto male e sei mesi di vita, al posto di un magnifico bambino nel pancino, sarebbe stata più contenta…), ma molto più fredda. Con quell’espressione glaciale, mi insegna che “i bambini non generati intenzionalmente non sono mandati da Dio” e che “se si ama una persona si rispettano le sue scelte”, e subito dopo mi impone di non parlare con la ragazza che amavo, perché avrei potuto influenzare le sue decisioni. “Ma che cosa c’è da decidere? – pensavo ancora ingenuamente io – E perché la nonna del mio bambino parla così male del suo nipotino?”…

   Vedete… adesso Giuliano è una persona un poco particolare: ha 30 anni, e da quando era piccolo è sempre stato innamorato della Giustizia e della Verità. E’ forse per questo che gli è sempre piaciuta tanto la Parola di Gesù. E’ sicuramente per questo che non ha mai potuto digerire le prevaricazioni e le menzogne. E non ha mai compreso il senso di cose fatte senza una logica, una motivazione, un progetto. Perché lui invece ha sempre cercato di costruirsela, la vita, cercando di realizzare in maniera progettuale il disegno che leggeva tracciato sul suo cuore da mani sapienti.

    Trovarmi in mezzo a discorsi per me assurdi in ogni loro sfumatura mi ha fatto davvero uscire un po’ di senno. Mio figlio è morto, e io non ho mai capito il motivo. Perché non è stato per un incidente. Perché non era ammalato. Aveva una mamma bellissima, che da quando era piccola ha sempre avuto negli occhi proprio la luce di Cristo a 10.000 watt.

    Mi hanno spiegato che in Italia c’è una legge che autorizza le mamme ad uccidere i loro bambini, senza che il loro papà possa dire cosa ne pensa. Tante volte me l'hanno spiegata, ma proprio non capisco: deve essere per il fatto che non rientra nei miei concetti di Giustizia.

    Nel frattempo, intanto, dopo quell'incontro, la luce negli occhi della mamma più bella del mondo si andava gradualmente spegnendo sotto quei pesanti condizionamenti. Io quasi subito non ho rispettato l’ordine ricevuto, ed ho cercato di parlarle. Prima con l’Amore, poi con le lacrime, alla fine anche con la rabbia derivante dalla disperazione.

    Ma - pensandoci, dopo - non mi ricordo di aver usato parole particolarmente belle, perché dentro stavo impazzendo dal dolore, e perché mi sembrava assurda proprio la situazione, il dover motivare - a chi fino a ieri era stata al tuo fianco soldatina di Cristo - il fatto che i bambini si amano, e non si uccidono.

    E' iniziato così uno straziante stillicidio, fatto di lacrime e... lacrime. Ci si sono messe pure un paio di “amiche” dell’università: “Ma che fai?... ci stai pure a pensare?!...”. E io non capivo come fosse possibile che tante persone che non c’entravano niente si sentissero in diritto di fare del male a mio figlio, e l’unico veramente in diritto di poter parlare venisse considerato “nessuno”. Anzi, “privo di ogni sensibilità”. Mi sentivo solo, contro tutti. Si è chiusa in casa, non rispondeva più al telefono. Come fosse appestata. A stento riuscivo a vederla mezz’ora al giorno, ma il problema grosso era che le altre 23 ore e mezza lei le passava accanto a persone che non le facevano affatto bene. E che alla fine mi hanno dettato le condizioni: “Se la ami, accompagnala ad abortire!”. E’ lì che – sbagliando – me ne sono andato. A cercare con forza l’aiuto di Cristo. E così facendo ho lasciato campo libero ai deliri della follia: “Lo vedi, lui non ti ama... se ti amasse condividerebbe la tua scelta di abortire, e la farebbe sua... noi, sì che ti amiamo: vedi che noi ti siamo vicine; e lui che diceva tanto di amarti dove sta? E’ un momento di grande sofferenza, per te, e lui non c’è... Forza. Cn il nostro amore riuscirai a superare questo periodo difficile... Soffrirai un po’, ma poi passerà e tu riprenderai in mano la tua vita più felice di prima...”.

    Mio figlio è morto in nome dell’amore! Tutte queste cose non le capivo (credo perché non rientrassero nei miei concetti di Verità), e soprattutto non capivo come la mia ragazza potesse credere a tali vigliacche menzogne. Ma lei ormai non era già più in grado di intendere e di volere. Aspettava solo che arrivasse il prima possibile il giorno più brutto della sua vita, per “togliersi il dente” e venire violata e violentata. Che pazzia!

    Finale: una mattina (mai saputo quale) sono uscito di casa per andare a lavorare, ignaro che quella stessa mattina mio figlio stava uscendo di casa per andare a morire... E, visto che al diavolo piace proprio divertirsi, ad omicidio consumato ho dovuto anche consolare la stupenda mamma di mio figlio mentre piangeva e si disperava  sulla mia spalla, in un modo in cui non ho mai visto piangere e disperarsi nessuno in vita mia.

    Ovviamente, dopo, ho tanto sbagliato anch’io, perché non solo non sono riuscito ad alleviare la sua sofferenza, ma nemmeno a non trattarla male per ciò a cui aveva acconsentito. Ma questa è un’altra storia, che mi pesa anch'essa sulle spalle, ogni giorno.

    Io prima di diventare ingegnere ho fatto il liceo classico: ma le parole giuste per descrivere gli orrori che mi è toccato vivere non le ho proprio mai trovate, e non credo che esistano. E purtroppo, da gioviale che ero, sono diventato triste. So bene che tante sono le persone tristi, che ognuno ha i suoi guai, che non si chiamano “guai” ma si chiamano “croci”, e devono essere portate con fede lungo la Strada che porta in Cielo. Le so bene tutte queste cose: le ho insegnate per anni ai piccoli "scout" con i quali impiegavo il mio tempo nel servizio. Ma non posso fingere di essere come in realtà non mi sento.

    Madre Teresa diceva sempre che siamo nati "per amare ed essere amati", e negare questi due diritti fondamentali a un piccolo bimbo che è parte della nostra vita è uno dei peccati più brutti, oltre che il più grosso ostacolo alla pace nel mondo.

    Un confessore, una volta, mi ha detto le uniche parole che mi sono sembrate sensate, in mezzo a un mare di banalità che mi piovevano addosso da ogni dove ("Ti devi scuotere... La vita va avanti... E' ora di smetterla di piangere... Non sentirti responsabile di niente... Tu hai fatto tutto il possibile... Bisogna voltare pagina..."). Le parole sensate, le uniche che coincidevano esattamente con quello che sentivo nel cuore, sono state: “TU DEVI VIVERE PER TUO FIGLIO”.

    In verità, io mi sentivo piuttosto svuotato. Vedevo che il mondo continuava a vivere come se niente fosse successo, mentre per me TUTTO era successo. Tutte le cose a cui tenevo avevano d’un tratto perso di valore, tutto mi sembrava insignificante e inutile. L’unica cosa che mi sembrava importante e che mi dava un po' di forza, era la sensazione di dover fare del mio meglio perché mio figlio – che mi guarda, ne sono certo – potesse essere fiero di me.

    A parte volere bene alla sua mamma (cosa che cerco di fare sempre, anche se lei non me ne vuole più tanto), ho incominciato allora a parlare con il Cielo. E ho corso la maratona di New York, sono stato in missione in Africa, sono andato a Calcutta a pregare sulla tomba di Teresa (che nel frattempo avevo conosciuto). Ma, ancora, dopo tre anni, in quello che è successo non ho trovato nessun senso. E – conoscendomi – credo che da qui derivi la tristezza. Malgrado la quale, ogni volta che ne ho trovato la forza e la possibilità, ho cercato di salire sui pulpiti, di fare testimonianze, di incontrare gente, di PARLARE! Perché la cosa più orribile, secondo me, è che di tutto il male che la 194 provoca non ne ho mai sentito parlare nessuno. E mi chiedo: se ogni giorno vengono uccisi 500 bambini (i dati non sono solo quelli del Ministero della Sanità), dove sono tutti quelli che queste morti le subiscono? Ma che stanno zitti, tutti quanti?...

    E’ proprio vero che il mondo resta brutto non per colpa di quelli che operano il male, ma per colpa di quelli che al male non si oppongono con decisione. Per colpa di quelli che tacciono, e non si schierano. Di quelli che soffrono in silenzio, e non condividono.

    Gesù è morto con le braccia aperte per ricordarci di Amare, e il Suo insegnamento fa in modo che ogni piccola cosa condivisa nel Suo nome (fossero anche solo cinque pani) possa essere moltiplicata all’inverosimile, diventando Cibo di Vita Eterna per il Prossimo.

    Nei miei viaggi ho visto bambini mutilati, bambini ciechi, bambini dall’infanzia negata, bambini che chiamarli poveri è un eufemismo, bambini violentati, bambini ammalati allo stadio terminale. Ma erano tutti bambini VIVI, e felici di esserlo.

    Allora ho capito che i più poveri tra i poveri non sono nel Terzo Mondo, ma sono proprio in mezzo a noi. Chi ha il cuore più povero di una mamma che uccide il proprio figlio, senza neanche guardarlo in faccia? Chi è più povero di chi si adopera per spegnere la luce che Cristo ha acceso negli occhi delle persone belle? Chi è più povero di un medico che prende dei soldi per succhiare le vite dalle pance altrui? E chi è più povero di una Società che legalizza tutto quest’orrore?

    Chi è che si è curato delle conseguenze psicologiche che l'aborto ha provocato su di me? Chi oggi bussa alla mia porta per curare la brutta depressione che mi ha preso? Chi si sta preoccupando del recupero del senso di autostima della mamma del mio bambino?

    E’ tutto assurdo. E per questo non ho dubbi: sono qui i più poveri di tutti, ed è da qui che bisogna partire per rendere il mondo un po’ migliore.

    Io vorrei fare davvero qualcosa, che possa servire affinché nessuno debba più trovarsi ad essere costretto a subire quello che ho dovuto sopportare io. Qualcuno mi sa dare qualche consiglio?...

    Sono andato a parlare con il "Movimento per la Vita" della mia zona, ma mi hanno detto che la mia voglia di attivismo si conciliava meglio con lo spirito dei "Centri di Aiuto alla Vita", loro braccio operativo. Allora sono andato nei "Centri di Aiuto alla Vita". Ma mi hanno detto che loro accolgono solo le gestanti che scelgono di chiedere un aiuto, e che comunque è quasi obbligatorio essere donna per avere un colloquio fruttuoso con queste ragazze in difficoltà. Ma Donna non posso diventare, e non mi piace molto neanche questa mentalità "attendista".

    Io sono convinto che mio figlio è morto perché la sua mamma non ha trovato nessuna persona che le parlasse dell’Amore vero, della magnificenza dell’Amore di Dio: c’ero io da una parte, e dall’altra una serie di persone che la circuivano per ingannarla. E le loro bugie hanno pesato di più, rovinando tre vite con un solo gesto. Io vorrei andare a cercarle queste persone che non sanno Amare. Io le voglio aiutare a rispettare la vita. Sono persone che hanno bisogno di aiuto, anche se magari al momento non ne sono consapevoli.

    Sono anche convinto che, al mondo, ci siano molte più persone belle che brutte. Il problema è che spesso stanno chiuse in casa, che non si conoscono tra di loro o che – per una stupida timidezza, per discrezione o non so per cos’altro – spesso non aprono vicendevolmente il loro cuore, ed hanno difficoltà a parlare di quello che provano.

    Io sto cercando di farlo. Secondo le indicazioni del vecchio Papa: portando in giro la voce di chi voce non ne ha. Io sto cercando di farlo. Non solo per reagire alla depressione che è pesante compagna, ma anche per far conoscere la mia esperienza. Penso che – forse – questo dolore possa essermi stato affidato perché venga messo a frutto. E allora vi prego di considerarla questa mia esperienza. Usatela, fatela girare, parlatene. Scrivetemi, chiamatemi, usatemi. Parlare di mio figlio, o sapere che c’è gente che lo fa mi fa molto bene, perché se se ne parla significa che non è morto, o che non è morto invano!

    Pregate tanto per tutti i bimbini che, ogni giorno, non riescono a nascere. Credo sia soprattutto per loro, che noi dobbiamo essere diffusori di Amore nel cuore delle persone. “Che nessuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento”, diceva ancora la Beata Teresa di Calcutta.

    Se vi capita, vi prego: fatemi sapere se c’è qualche mamma o qualcun altro “povero” che ha bisogno di parole d’Amore. Oramai ne ho imparate tante.

    Raduniamo le persone, i giovani, e PARLIAMO loro. Io vengo dappertutto, per farlo. Le persone belle, INSIEME, possono essere capaci non solo di generare vita (questo possono farlo tutti, anche i criminali), ma anche di salvarne qualcuna! Basta crederci, e fare fronte comune!

    I miei recapiti, sperando che possano essere un pochino utili a qualcuno!

Giuliano de’ Medici

Cell. 348.3803291 - Posta Elettronica: giuliano.demedici@infinito.it

 

 

 

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